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Sito denuclearizzato

"Sono stanco di sentire che la dignità della vita dipende dal giudizio di qualcuno: io voglio capire cos'è la dignità della vita sulla base di elaborazioni diverse, non solo sull'elaborazione fatta da una persona sana..."                
(A. Bergonzoni)

domenica 14 gennaio 2007

Eutanasia 1

In mezzo alle tante voci più o meno informate e più o meno strumentalizzate, questo articolo mi sembra molto chiaro e frutto di un ragionamento libero da finti moralismi e soprattutto libero da qualsiasi strumentalizzazione politica e/o religiosa.

"Il sì alla vita dei corpi inutili"
di Carlo Ventura (Ordinario di Biologia molecolare)

Quello di Piergiorgio Welby é un caso drammatico (che merita il più profondo rispetto) in cui emerge tutta la disperazione di chi é immerso nel dolore e nella menomazione fisica senza speranze e, alla fine, arriva alla conclusione che un'esistenza di quel tipo non sia più degna di essere vissuta, sia priva di significato, al punto da chiedere di farla finita. Come essere umano e come ricercatore che avverte un senso di grande impotenza di fronte a quanto la scienza non riesce ancora a conoscere a fondo e curare, ma anche come persona da tempo vicina a pazienti affetti da gravi forme di distrofia muscolare o patologie neuromuscolari (ho fatto parte della Commissione medico-scientifica dell'Unione Lotta italiana della Distrofia Muscolare, Uildm), mi sono sentito spinto ad esprimere i miei sentimenti su questa amara vicenda. Temo che un sistema (e mi riferisco indistintamente a tutti gli schieramenti ideologici e politici) che vive nell'indifferenza il tormento di migliaia di diversamente abili (disabili secondo la concezione comune) si sia ancora una volta prodotto in un ingombrante dibattito politico di asfissiante prevedibilità: "a favore o contro l'eutanasia". Come troppo spesso accade, questo sistema globale si accorge o si ricorda dei drammi umani quando si é vicini al punto di non ritorno. E' lo stesso sistema che é stato ostinatamente assente di fronte ai problemi della disabilità, del sostegno umano e finanziario per i portatori di handicap, così frequentemente liquidati dalle istituzioni come pazienti affetti da malattie gravi sì, ma rare. Di fronte a queste patologie sono stati posti i soliti problemi di budget, interrogandosi sulla utilità o meno di portare un aiuto tecnicamente efficiente, senza portare tuttavia un conforto vero, una rete di servizi umani, anche se troppo costosi, o "inutili" perché tanto la qualità della vita degli interessati é una tragedia senza ritorno. Sono nel più grande sconforto nel vedere come accanto alla descrizione giusta e doverosa del caso di Piergiorgio non sia stato fatto alcun cenno alle storie di migliaia di pazienti che nelle stesse condizioni hanno deciso di continuare a vivere, pensando anche all'eutanasia durante il loro calvario, ma dichiarandosi fino alla fine felici di non aver attuato un proposito che ha sfiorato la loro mente ben più di una volta. Perché i media e i nostri saccenti uomini politici non dicono nulla di quanti in mezzo a sofferenze indicibili ogni anno hanno scelto di vivere in condizioni estreme e misurarsi ogni giorno con il senso ultimo dell'esistere? Se é sacrosanto portare la testimonianza di chi ha deciso di smettere, é altrettanto doveroso mettere l'opinione pubblica di fronte alle migliaia di persone che continuano a sentirsi tali anche quando la mente, una mente lucida e profonda, abita un corpo ormai "inutile". E' proprio questo il punto, mettere di fronte la gente all'"evidenza" nelle sue diverse sfaccettature: fare vedere come vivere fino in fondo il dramma della sofferenza e della malattia senza speranza sia estremamente più frequente di quanto non ci ostiniamo a pensare che sia. E' importante che la gente sappia anche di questi esseri umani che non hanno la politica o il mondo del "politically correct" a rappresentarli. Chi esce dagli schemi, può essere spazzato via. Il primo modo per spazzare via il "non conforme" é lasciarlo solo. Uno dei contesti oggi più drammatici é la solitudine: chi ha una malattia senza speranza troppo spesso viene lasciato precipitare in un baratro al cui interno la vita diventa insostenibile.
Dovremmo tutti renderci conto che, se una società civile può e deve discutere di temi come l'eutanasia, deve anche avere la forza di accogliere una sfida ancor più impegnativa, dando voce a quanti, e sono tantissimi, fra i malati terminali dimostrano che ogni esistenza é degna di essere vissuta fino all'ultimo respiro.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Quando, inaspettatamente,
scorgo la vita manifestarsi
in tutta la sua pienezza
nell'impercettibile movimento
di un labbro muto,
ricordo di essere
quasi morto.
Vivo per miracolo!